MEDIA:
El Punt Avui
https://www.elpuntavui.cat/
DATE:
04.10.2024
TITLE:
The Arkhé (ἀρχή) in the hands
WRITTEN BY: Aina Vega Rofes
LINK TO MEDIA:
https://www.elpuntavui.cat/cultura/article/19-cultura/2463639-l-arkhe-a-les-mans.html
ENGLISH TRANSLATION
The Arkhé (ἀρχή) in the hands
Aina Vega Rofes / Diari EL PUNT AVUI 4.1024
This summer I discovered the sculptor Guido Dettoni, a native of Milan who came to Catalonia in 1961 and has left his mark on all the Catalan countries. The poet Carles Duarte speaks of him as a “Catalanised Italian, or rather an Italianised Catalan”. What fascinates me about Dettoni is his kinaesthetic ability to “see with his hands and touch with his eyes”. He is a visual and tactile artist, a sculptor and painter who creates his works with his hands, leading us to a sensory experience in which the gaze touches the object and the hands listen to the beat of time.
All Guido Dettoni’s works adapt to the fingers, the palms, the whole hand. It is an entirely human, ergonomic and at the same time highly spiritual art form. For Dettoni, working with the hands is an artistic process that becomes a path of knowledge and discovery.
Dettoni’s works are all about meaning, there is no room for superfluity. Even emptiness is ontological. I am reminded of Loosian forms (https://es.wikipedia.org/wiki/Adolf_Loos) where the line is pure and what is superfluooes not exist because the artist has banished it to oblivion. Without artifice, without excess, melody without embellishment. It is the work in the “Arkhé”, the modelling of the origin of all things, because we are matter sculpted in the hands of prophets, sages, poets and artists. And at the same time, this matter conceals the Platonic idea of perfection in every form, since the hands shape the sensible reality according to Dettoni’s ideal, which the artist visualises when he closes his eyes to give meaning to the Virgin’s Mass. As in his work Maria, perhaps the most emblematic: “I try to find in my memory with my eyes closed, blindly discovering the shape that brings me closer to the concept”. This is the emergence of form, with an evocative active touch that manipulates the material in a meditative state in which the unconscious emerges.
“Touch is concrete, it does not lie,” says Dettoni, and by manipulating the object, the artist is able to visualise all its facets. And then comes the verb: once the form has been found, following intuition, the intellectual path of recognising what has been created begins. This path is no longer tangible (tactile) but abstract (visual) and, by interpreting the volume, the process of understanding the work begins, based on the mental images loaded with history and ideology that the artist draws in his mind.
Sometimes Dettoni goes one step further and the conceptual journey continues with transmutation. Once the form has been achieved, the artist sets the result of the manipulation process in motion, creating an infinite number of plans which, thanks to a computer programme he has designed, are superimposed to create a short film that can produce an infinite number of aesthetic results. Transmutation transforms the three-dimensional volume into a two-dimensional image, just as the Cubists proposed for art.
Finally, the object takes shape again and can become works such as Sant Fèlix, a collective experience of “handsmatter” that began as a joint exercise with children and young people from Vilafranca del Penedès. Each of them modelled their own sculpture of the saint, hand in hand, and after assembling the many photographs of the many faces of the little sculptures, Dettoni sculpted what would become the symbol of Vilafranca.
More recently, Guido Dettoni has been working on the concept of the “haptic nexus”, in which active touch acts as a link between matter and sensory, cognitive and emotional processes. Through manipulation we can reach distant corners of our memory and awaken emotions we did not know we had, as happened to the child who ran through the streets of Milà manipulating clay and forming figures that each time turned out to be a new (self)discovery. It is a game and a joy that shows that we can all create shapes, but only the hand of the artist can shape transcendence.
ITALIAN TRANSLATION
L’archè (ἀρχή) nelle mani
Aina Vega Rofes / Diari EL PUNT AVUI 4.1024
Quest’estate ho scoperto lo scultore Guido Dettoni, originario di Milano, arrivato in Catalogna nel 1961 e che ha lasciato il segno in tutti i Paesi catalani. Il poeta Carles Duarte parla di lui come “italiano catalanizzato, o forse meglio dire catalano italianizzato”. Ciò che mi affascina di Dettoni è la sua capacità cinestetica di “guardare con le mani e toccare con gli occhi”. È un artista visivo e tattile, uno scultore e pittore che realizza le sue opere con le mani e ci conduce ad un’esperienza sensoriale in cui lo sguardo tocca l’oggetto e le mani ascoltano il battito del tempo.
Tutte le opere di Guido Dettoni si adattano alle dita, ai palmi, alla mano intera. È una forma d’arte del tutto umana, ergonomica e, allo stesso tempo, altamente spirituale. Per Dettoni lavorare con le mani è un procedimento artistico che diventa un percorso di conoscenza e scoperta.
Le opere di Dettoni sono tutte piene di significato, non c’è spazio per il superfluo. Anche il vuoto è ontologico. Mi fa pensare alle forme loosiane (https://es.wikipedia.org/wiki/Adolf_Loos) dove la linea è pura e ciò che avanza non esiste, perché l’artista lo ha relegato nell’oblio. Senza artificio, senza eccesso, melodia senza ornamento. È l’opera nell’“archè”, il modellamento dell’origine di tutte le cose, perché siamo materia scolpita nelle mani di profeti, saggi, poeti e artisti. E, allo stesso tempo, questa materia nasconde l’idea platonica della perfezione di ogni forma, poiché le mani plasmano la realtà sensibile a misura dell’ideale di Dettoni, ciò che l’artista visualizza quando chiude gli occhi per dare significato alla massa vergine. Come nella sua opera María, forse la più emblematica: “Cerco di trovare nella mia memoria ad occhi chiusi e, alla cieca, scopro la forma che mi avvicina al concetto”. È l’emergere della forma, con un tatto attivo evocativo, che manipola la materia in uno stato meditativo in cui emerge l’inconscio.
“Il tatto è concreto, non mente”, dice Dettoni, e, nella manipolazione, l’artista riesce a visualizzare tutte le sfaccettature dell’oggetto. E poi arriva il verbo: una volta trovata la forma, seguendo l’intuizione, inizia il percorso intellettuale di riconoscimento di ciò che è creato. Questo percorso non è più tangibile (tattile), ma astratto (visivo) e, attraverso l’interpretazione del volume, inizia il processo di comprensione dell’opera, basato sulle immagini mentali cariche di storia e ideologia che l’artista disegna nella sua mente.
A volte Dettoni fa un ulteriore passo avanti e il viaggio concettuale continua con la trasmutazione. Una volta raggiunta la forma, l’artista mette in moto il risultato del processo manipolativo, ed è allora che vengono creati un numero infinito di progetti che, sovrapposti grazie ad un programma informatico da lui stesso progettato, diventano un cortometraggio che può dare origine a innumerevoli risultati estetici. La trasmutazione converte il volume, da tridimensionale, in un’immagine bidimensionale, proprio come proponeva l’arte dei cubisti.
Infine, l’oggetto riprende forma e può diventare opere come Sant Fèlix, un’esperienza collettiva di “handsmatter” che si basa su un esercizio congiunto con bambini e ragazzi di Vilafranca del Penedès. Ognuno di loro ha modellato, in dettaglio, la propria scultura del santo e, dopo aver assemblato le molteplici fotografie dei molteplici lati delle piccole sculture, Dettoni ha scolpito quello che sarebbe stato il simbolo di Vilafranca.
Ultimamente Guido Dettoni sta lavorando al concetto di “haptic-nexus”, in cui il tatto attivo funge da collegamento tra la materia e i processi sensoriali, cognitivi ed emotivi. Attraverso la manipolazione possiamo raggiungere angoli remoti della memoria e risvegliare emozioni che ancora non conoscevamo, come accadde a quel bambino che correva per le strade di Milano manipolando la creta e plasmando figure che ogni volta si rivelavano una nuova auto-scoperta. Un gioco e una gioia che dimostra che tutti possiamo creare forme, ma solo la mano dell’artista può dare forma alla trascendenza.
SPANISH TRANSLATION
El arqué (ἀρχή) en las manos
Aina Vega Rofes / Diari EL PUNT AVUI 4.1024
Este verano he descubierto al escultor Guido Dettoni, natural de Milán, que llegó a Cataluña en 1961 y ha dejado huella en todo los Países Catalanes. El poeta Carles Duarte habla de él como “italiano catalanizado, o quizás mejor dicho catalán italianizado”. Lo que me fascina de Dettoni es capacidad cinestésica de “mirar con las manos y tocar con los ojos”. Es un artista visual y táctil, un escultor y pintor que crea sus obras con las manos y nos conduce a una experiencia sensorial en la que la mirada toca el objeto y las manos escucha el latido de los tiempos.
Todas las obras de Guido Dettoni se adaptan a los dedos, a las palmas, a toda la mano entera. Es una forma de arte enteramente humana, ergonómica y, al mismo tiempo, de gran espiritualidad. Para Dettoni, trabajar con las manos es un procedimiento artístico que se convierte en un camino de conocimiento y descubrimiento.
Las obras de Dettoni son todo significado, no hay sitio para la superfluidad. Incluso el vacío es ontológico. Me hace pensar en las formas loosianas (https://es.wikipedia.org/wiki/Adolf_Loos) donde la línea es pura y lo que sobra no existe, porque el artista la ha desterrado al olvido. Sin artificios, sin excesos, melodía sin adorno. Es el trabajo en el “arqué”, el modelado del origen de todas las cosas, porque somos materia esculpida en manos de profetas, sabios, poetas y artistas. Y, al mismo tiempo, esta materia esconde la idea platónica de la perfección de cualquier forma, ya que las manos moldean la realidad sensible a medida del ideal de Dettoni, lo que visualiza el artista cuando cierra los ojos para dar sentido a la masa virgen. Como en su obra María, tal vez la más emblemática: “Intento encontrar en mi memoria a ojos cerrados y, a ciegas, descubro la forma que me acerca al concepto.” Éste es el surgir de la forma, con un tacto activo evocador, que manipula la materia en un estado meditativo en el que emerge el inconsciente.
“El tacto es concreto, no miente”, afirma Dettoni, y, en la manipulación, el artista es capaz de visualizar todas las facetas del objeto. Y después llega el verbo: una vez ha encontrado la forma, siguiendo la intuición, comienza el camino intelectual de reconocer lo creado. Este camino ya no es tangible (táctil), sino abstracto (visual) y, al interpretar el volumen, comienza el proceso de comprensión de la obra, a partir de las imágenes mentales cargadas de historia e ideología que el artista dibuja en su mente.
A veces, Dettoni da un paso más allá, y el viaje conceptual sigue con la transmutación. Una vez lograda la forma, el artista pone el resultado del proceso manipulador en movimiento, y es entonces cuando se crean infinidad de planes que, superpuestos gracias a un programa informático diseñado por él mismo, se convierten en un corto cinematográfico que puede dar sitio a infinidad de resultados estéticos. La transmutación convierte el volumen, en tres dimensiones, en una imagen, de dos dimensiones, tal y como planteaban el arte los cubistas.
Finalmente, el objeto vuelve a tomar cuerpo y puede convertirse en obras como Sant Fèlix, una experiencia colectiva de “handsmatter” (manosmateria) que parte de un ejercicio conjunto con niños y jóvenes de Vilafranca del Penedès. Cada uno de ellos modeló, a pies juntillas, su propia escultura del santo y, tras el ensamblaje de las múltiples fotografías de múltiples caras de las pequeñas esculturas, Dettoni esculpió lo que sería el símbolo vilafranquino.
Últimamente, Guido Dettoni trabaja en el concepto de “haptic-nexus”, en el que el tacto activo actúa como nexo entre la materia y los procesos sensoriales, cognitivos y emocionales. A través de la manipulación podemos llegar a rincones remotos de la memoria y despertar emociones que aún no conocíamos, como le pasaba a aquel niño que corría por las calles de Milà manipulando el barro y moldeando figuras que resultaban ser cada vez un nuevo (auto)descubrimiento . Un game-play and joy que demuestra que todos podemos crear formas, pero sólo la mano del artista puede dar forma a la trascendencia.
ORIGINAL IN CATALAN
L’arkhé (ἀρχή) a les mans
Aina Vega Rofes / Diari EL PUNT AVUI 4.1024
Aquest estiu he descobert l’escultor Guido Dettoni, natural de Milà, que va arribar a Catalunya l’any 1961 i ha deixat empremta arreu dels Països Catalans. El poeta Carles Duarte en parla com a “italià catalanitzat, o potser més ben dit català italianitzat”. El que em fascina de Dettoni és la seva capacitat sinestèsica de “mirar amb les mans i tocar amb els ulls”. És un artista visual i tàctil, un escultor i pintor que crea les seves obres amb les mans i ens condueix a una experiència sensorial en què la mirada toca l’objecte i les mans escolten el batec dels temps., natural de
Totes les obres de Guido Dettoni s’adapten a la forma dels dits, dels palmells, de tota la mà sencera. És una forma d’art enterament humana, ergonòmica, i, alhora, de gran espiritualitat. Per a Dettoni, treballar amb les mans és un procediment artístic que esdevé un camí de coneixement i descobriment.
Les obres de Dettoni són tot significat, no hi ha lloc per a la superfluïtat. Fins i tot el buit és ontològic. Em fa pensar en les formes loosianes (https://es.wikipedia.org/wiki/Adolf_Loos) on la línia és pura i el que sobra no existeix, perquè l’artista l’ha desterrat a l’oblit. Sense artificis, sense excessos, melodia sense ornament. És el treball en l’arkhé, el modelat de l’origen de totes les coses, perquè som matèria esculpida a mans de profetes, savis, poetes i artistes. I, al mateix temps, aquesta matèria amaga la idea platònica de la perfecció de qualsevol forma, ja que les mans modelen la realitat sensible a mida de l’ideal de Dettoni, allò que visualitza l’artista quan tanca els ulls per donar sentit a la massa verge. Com a la seva obra Maria, tal vegada la més emblemàtica: “Intento trobar a la meva memòria a ulls clucs i, a cegues, descobreixo la forma que m’apropa al concepte.” Aquest és el sorgir de la forma, amb un tacte actiu evocador, que manipula la matèria en un estat meditatiu en què emergeix l’inconscient.
“El tacte és concret, no menteix”, afirma Dettoni, i, en la manipulació, l’artista és capaç de visualitzar totes les facetes de l’objecte. I després arriba el verb: un cop ha trobat la forma, seguint la intuïció, comença el camí intel·lectual de reconèixer el que s’ha creat. Aquest camí ja no és tangible (tàctil), sinó abstracte (visual) i, en interpretar el volum, comença el procés de comprensió de l’obra, a partir de les imatges mentals carregades d’història i ideologia que l’artista dibuixa a la seva ment.
De vegades, Dettoni fa un pas més enllà, i el viatge conceptual continua amb la transmutació. Un cop ha aconseguit la forma, l’artista posa el resultat del procés manipulador en moviment, i és llavors quan es creen infinitat de plans que, superposats gràcies a un programa informàtic dissenyat per ell mateix, es converteixen en un curt cinematogràfic que pot donar lloc a infinitat de resultats estètics. La transmutació converteix el volum, en tres dimensions, en una imatge, de dues dimensions, tal com plantejaven l’art els cubistes.
Finalment, l’objecte torna a agafar cos i pot convertir-se en obres com ara Sant Fèlix, una experiència col·lectiva de hands-matter (mansmatèria) que parteix d’un exercici conjunt amb infants i joves de Vilafranca del Penedès. Cadascun d’ells va modelar, a ulls clucs, la seva pròpia escultura del sant i, després de l’assemblatge de les múltiples fotografies de múltiples cares de les petites escultures, Dettoni va esculpir el que seria el símbol vilafranquí.
Darrerament, Guido Dettoni treballa en el concepte d’haptic-nexus, en què el tacte actiu actua com a nexe entre la matèria i els processos sensorials, cognitius i emocionals. A través de la manipulació podem arribar a racons remots de la memòria i despertar emocions que encara no coneixíem, com li passava a aquell nen que corria pels carrers de Milà manipulant el fang i modelant figures que resultaven ser cada vegada un nou (auto)descobriment. Un game-play and joy que demostra que tots podem crear formes, però només la mà de l’artista pot donar forma a la transcendència.